domenica 13 luglio 2014

In principio fu il barbiere.

L'ultimo barbiere da cui sono stato,
in India, una decina d'anni fa.
Impugna un rasoio marsigliese.
Quand'ero pischello e c'erano i barbieri (razza ormai estinta, ahimé), il tavolino era disseminato di riviste per soli uomini, giornali zeppi di casalinghe di Campobasso (non me ne vogliano i molisani ma, da recenti studi, pare che il Molise sia un'invenzione delle multinazionali e quindi il problema non si pone) che mostravano osceni culi cellulitici fasciati da improbabili mutandoni giro-sterno e reggipetti spostati il tanto necessario a far intravvedere un capezzolo. Una delle più ardite tra le suddette riviste si chiamava "Pop" (un'elisione di "poppe"?) e noi dieci-dodicenni ci arrazzavamo come dannati ad immaginare chissà quali avventure con le tardone (l'equivalente delle moderne MILFS) ivi raffigurate.
La tecnica consisteva nel celare la peccaminosa pubblicazione sotto un casto numero de "L'Intrepido" e, mentre il barbiere ti sottoponeva a quel delizioso supplizio che solo chi ha provato lo sforbiciare insistente attorno all'orecchio seguito dal sapiente volteggiare del rasoio marsigliese può capire, pian piano spostare l'innocente fumetto per lasciar spazio al piacere proibito che riempiva gli occhi e l'impubere patta. I più arditi riuscivano a far scivolare una mano nella braghetta e a placare l'ormone scalpitante.
Ovviamente il barbiere, di solito un figlio di gran mignotta, oppure un finocchio, oppure - ed era il caso più frequente - tutt'e due le cose, vedeva tutto e ammiccava sghignazzando verso gli altri clienti. La seduta si chiudeva con la spennellata di talco sulla nuca e la canonica spruzzata di acqua di colonia. Per i più fortunati c'era in regalo il calendarietto tascabile profumato con le donnine, una per ogni mese.
E nel frattempo si cresceva...

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